Di recente sono andato a trovare un mio amico liutaio che in quel momento stava provando una serie di cordiere “non convezionali” per violino. Alla mia domanda “E come vanno?” mi ha risposto: “Qualcosa cambia…!” Io replicai: “Ci credo! Ma cambia in meglio o in peggio?” Questo episodio mi ha portato a raccogliere le mie riflessioni sull’argomento “cordiere strane” in questo post.
Si trovano sul mercato una gran varietà di cordiere che si distinguono da quelle convenzionali fondamentalmente in due aspetti:
- per il peso
- per la lunghezza variabile della corda dopo il ponticello detto anche afterlength
Io aggiungerei un terzo aspetto che spesso viene trascurato ma che a me, personalmente, interessa di più:
- la sua frequenza di risonanza!
Il peso
Per quanto riguarda l’aspetto peso, l’opinione più diffusa sembra essere quella del “più leggera = meglio“. In seguito vediamo la validità di questa affermazione. Nella categoria delle cordiere leggere si possono collocare tutte quelle cordiere in materiali compositi tipo fibra di carbonio. E’ evidente che una cordiera troppo pesante toglie tanto suono allo strumento. Possiamo farne esperienza mettendo 4 tiracantini classici su una cordiera classica. Ma alla domanda di ‘quanto’ dev’essere leggera una cordiera ottimale, nessun produttore di cordiere sembra dare una risposta chiara. Tutti rimandano al “prova e sperimenta”. La cordiera con la sua massa induce un fattore di smorzamento e il sistema vibrante “violino” necessita di smorzamento! Un esempio di suono con insufficente smorzamento é quello dello strumento in bianco. Ammorbidendo i picci di risonanza lo smorzamento porta bilanciamento ed equilibrio al suono. Conta la giusta misura!
Afterlength
Per quanto riguarda il secondo aspetto (afterlength) la questione si fa sicuramente più complessa. Molti non si curano affatto della lunghezza del pezzo di corda “morta” che va dal ponticello alla selletta della cordiera, ma se uno voglia prestarci attenzione, la raccommandazione data in generale è quella di posizionarla a 1/6 della lunghezza della corda vibrante (che va dal capotasto superiore al ponticello). Non ho trovato ancora nessuna spiegazione per questa misura che, invece, si sembra essere consolidata in modo empirico: perché “suona meglio”! Anch’io normalmente metto la cordiera in questa posizione.
Le cordiere non convenzionali sono spesso fatte ad “arpa” con afterlength che aumenta per le corde basse. Mi sembra doveroso a questo punto spazzare da subito il campo da una delle teorie che circondano questo tipo di cordiere e cioè quella della tensione della porzione “morta” (quello dell’afterlength, ovvero della parte di corda che va dal ponticello alla cordiera). Sono in molti quelli che sostengono che aumentando la lunghezza dell’afterlength aumenti la tensione della corda. Rimando ad un thread sull’argomento su claudiorampini.com e ringrazio l’utente “piase” per il lavoro svolto! In breve: se è vero che il ponticello si comporta come una carrucola, cioè che la tensione della corda è uguale da entrambi i lati, come mai essa può aumentare nella sola porzione “morta” se la corda vibrante è sempre accordata alla stessa nota?
Non ho esperienza con questo tipo di cordiere ma per mantenere le promesse fatte per pubblicizzarle dovrebbero basarsi sul pricipio di “risonanza per simpatia”, cioé il pezzo di corda “morta” dovrebbe entrare in vibrazione e emettere suono a sua volta per “arricchire” lo spettro degli armonici. Ho qualche dubbio a proposito: una corda non riesce bene a mettere in vibrazione l’aria circostante e dubito anche che possa trasmettere la sua vibrazione alla cassa, né attravverso il ponte né attravverso la cordiera. Per provare la validità di questa teoria basta fare un semplice esperimento: fermare la vibrazione della corda morta con del feltro! 😉
Una cordiera che gioca in modo estremo su tutti e due aspetti é quella ideata da Kevin Marvin (potete vedere un’immagine della cordiera qui) per contrabbasso e violoncello: elimina completamente il corpo della cordiera sostituendolo con dei cordicini di diverse lunghezze. In questo caso il pezzo di corda morta é abbastanza lungo da vibrare per simpatia e spesso in modo fastidioso tanto da doverle bloccare con strisce di feltro. Ho ralizzato una volta una cordiera di tipo Marvin su un contrabbasso. L’effetto é stato ambiguo: lo strumento poteva funzionare bene per musica barocca con una risonanza (sustain) lunghissima, ma il suono pizzicato non funzionava proprio più: lo strumento aveva perso completamente l’attacco! La causa di questa perdita di attacco è, a mio avviso, la totale mancanza della massa inerziale della cordiera.
Negli articoli di seguito linkati vengono esposti diversi tipi di cordiere non convenzionali con rispettive spiegazioni da parte degli inventori riguardo l’effetto prospettato.
Article in the Strings Magazine
Article by luthier David Folland on tailpieces
La risonanza
Nell’ultimo atricolo linkato, al capitolo “Variations in Weight”, si fa riferimento al terzo aspetto che io reputo il più importante, cioè quello della frequenza di risonanza. La frequenza di risonanza é quella frequenza che si sente quanto si batte col dito sulla cordiera montata. Per sperimentare l’effetto che questa frequenza ha sul suono dello strumento si possono applicare dei piombini con la plastilina sulla cordiera e valutare il cambiamento di suono. In questo modo ci si può rendere anche conto se cambia in meglio o in peggio!
Gli studiosi intorno a Carleen Hutchins hanno chiamato “Mode Matching” la teoria pratica di accordare le frequenza sullo strumento montato finito nella quale attribuiscono un’importanza cruciale alla risonanza della cordiera. Deena Spear, per esempio, sostiene che uno strumento nel quale la risonanza della cordiera coincide con quella della cassa (A0 o W’) abbia un suono paragonabile ad un vaso di fiori! Nella teoria pratica del Mode Matching si fanno coincidere normalmente il modo B0 (tramite l’accordatura della tastiera) e una delle risonanze della cassa armonica. La cordiera deve stare al di fuori da questo sistema – o sopra o sotto di esso. La cosa importante é che deve produrre un suono chiaro e libero quando percossa con il dito.
Al mio modo di vedere, questo é l’unico aspetto di cui tenere conto quando si parla di cordiere. Sono sicuro che anche il materiale della cordiera come anche quello del reggicordiera hanno la loro influenza sul suono in quanto operano da filtro in base alle rispettive proprietà elastiche, ma rispetto all’accordatura della frequenza credo sia davvero trascurabile. Quando il Mode Matching é fatto bene, il comportamento dello strumento migliora in modo notevole producendo un suono più ricco, definito e spazioso!